Lo sport può creare speranza

dove prima c'era solo

disperazione. È più potente

dei governi per abbattere

le barriere del razzismo.

Lo sport è capace

di cambiare il mondo.

 Nelson Mandela

 

 

 Non crediate a quelli che

vi dicono che il mondo si

divide tra vincenti e

perdenti, perché il mondo

si divide soprattutto tra

brave e cattive persone,

questa è la divisione

più importante.

Poi tra le cattive persone

ci sono anche dei vincenti,

purtroppo, e tra le brave

persone, purtroppo, ci

sono anche dei perdenti.

 J. Velasco  

 

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rapporto tra FASCISMO e NAZISMO

     Quando Hitler fu nominato cancelliere del Reich, il 30 gennaio 1933, l’Italia viveva il suo undicesimo anno di un’era fascista al culmine della sua parabola ascendente. Negli anni della gavetta, della difficile scalata al potere, cominciata a Monaco alla guida di uno sparuto gruppo di seguaci, la creazione di specifiche milizie paramilitari, la volontà di riportare l’Italia ai fasti e alla grandezza dell’antico impero romano, facevano di Mussolini e del regime da lui creato, l’assoluto modello per il futuro “fuhrer”, un esempio da esportare in una Germania che stava vivendo gli anni difficili e tormentati dell’umiliazione post-bellica dopo la prima Guerra Mondiale; fu proprio con la mente rivolta alla marcia su Roma dell’ottobre precedente che i nazional-socialisti, nel novembre 1923, tentarono il colpo di stato, ma fallirono.

 

     Si può ben comprendere come Hitler, una volta giunto al potere, desiderasse, con tutte le sue forze, di conquistarsi l’amicizia ed il favore di quello che considerava il suo modello, un Benito Mussolini che, al contrario, vedeva con sfavore e con disprezzo quell’ex caporale tedesco, volto a mostrare, spavaldamente, con assoluta sfacciataggine e superbia, smanie di grandezza; il “duce”, inoltre, si sentiva contrariato dall’ansia espansionistica dimostrata, fin dall’inizio, dalla Germania nazista.

 

     Il tentativo del “fuhrer” di annettere l’Austria, fin dal 1934, pianificato con l’assassinio del cancelliere austriaco Dollfuss, si scontrò proprio con l’opposizione di Mussolini, che, immediatamente, mobilitò l’esercito al Brennero, al fine di dissuadere la Germania dalle sue mire egemoniche.

Nei primi anni Trenta si poteva assistere ad un Hitler in posizione di assoluta riverenza ed inferiorità rispetto ad un Mussolini capace di fare il bello ed il cattivo tempo nei confronti del suo più deciso ammiratore.

Quello che sembrava, per Hitler, un amore non corrisposto, un tentativo inutile di guadagnare consensi e favori, un contesto ormai definito, si tramutò radicalmente per effetto di un episodio decisivo che cambiò la situazione in favore di un progressivo avvicinamento tra i due dittatori e che avrebbe portato, man mano, al completo stravolgimento dei rapporti di forza: il 3 ottobre 1935 l’Italia decideva infatti l’invasione dell’Etiopia, che si concluse con il trionfale ingresso del comandante Badoglio ad Addis Abeba nel maggio dell’anno successivo; Mussolini proclamò il ritorno dell’impero ma la Società delle Nazioni decise, per l’ingiustificata aggressione nei confronti di uno stato sovrano, un boicottaggio economico che la sola Germania si rifiutò di applicare, favorendo il contatto tra i due regimi; dunque Mussolini e Hitler stipularono, nell’ottobre del 1936, un’ alleanza denominata "asse Roma-Berlino", confermata, nel maggio 1939, con il "patto d’acciaio".

 

     I tempi che vedevano Mussolini ergersi a maestro dell’allievo Hitler, stavano, a poco a poco, svanendo, per tramutarsi in un vero e proprio capovolgimento della situazione: la Germania non era più quella di Weimar, ossia uno stato sull’orlo del baratro, ma si era trasformata in una potenza bellica di primo livello, grazie ai poderosi piani di riarmo voluti da un Hitler, conscio delle potenzialità del reich ed ormai in grado di influenzare la politica europea e lo stesso Mussolini, sempre più sottomesso alla volontà del potente alleato, cui faceva riscontro un’Italia che, al di là delle apparenze e degli sfarzi mostrati dal regime, versava in una difficile situazione economico-militare. Se il “duce”, nel 1934, aveva mostrato i muscoli ed avversato ogni tentativo di invasione dell’Austria, ora, nel 1938, era costretto ad accettare, senza batter ciglio, la supremazia nazista; se, fin dall’inizio, il fascismo, aveva osteggiato le teorie anti-semite di Hitler, venne il tempo, sempre nel 1938, di aderire alla politica tedesca, con la promulgazione, nell’Italia regia, delle vergognose ed infamanti leggi razziali, contro gli Ebrei e contro gli Zingari, che hanno rappresentato e tutt’ora rappresentano una delle pagine più tragiche e vergognose della storia del nostro Paese.

 

     Lo scoppio delle ostilità pose fine, definitivamente, alla sudditanza hitleriana nei confronti di Mussolini: mentre, infatti, la potentissima Wehrmacht tedesca travolgeva tutti e tutto, conquistando, nel giro di pochi mesi, la Polonia, la Norvegia, la Danimarca e tutta l’Europa occidentale, l’Italia, a causa delle gravi carenze del suo esercito, fu costretta a guardare e solo il 10 giugno 1940, con una Francia ormai in ginocchio, il “duce” si convinse ad intervenire, per poter, in qualche modo, salire sul carro dei vincitori di una guerra ritenuta alla fine e che invece era tutt’altro che finita.

 

     Mussolini, però, per non vedersi costretto a ridurre l’Italia al ruolo di potenza satellite, decise, nonostante i gridi d’allarme lanciati dai capi di stato maggiore di un esercito assolutamente impreparato, di condurre una sorta di conflitto parallelo, indipendente da quello dello scomodo alleato, ma il disastro della campagna di Grecia mandò a monte quell’ambizioso e, nel contempo vano, tentativo. L’Italia infatti, con il suo sgangherato esercito, aveva gettato la maschera, mostrandosi, dopo vent’anni di illusioni, per quello che era, cioè un paese povero e modesto, ben lontano dagli sfarzi mostrati dal regime e che si riduceva, nei confronti dell’alleato tedesco, a mero stato satellite, completamente in balia dei voleri di Hitler.

 

     L’allievo aveva dunque superato un maestro sempre più succube e timoroso: per dare un esempio di come fossero mutate le cose si può fare riferimento all’incontro tra Mussolini ed Hitler, avvenuto a Feltre, all’indomani dello sbarco alleato in Sicilia nel 1943. In quell’occasione, non appena mise piede all’aeroporto di Treviso, il generale Ambrosio, l’ambasciatore a Berlino Alfieri, il sottosegretario agli esteri Bastianini, supplicarono disperatamente Mussolini di rivolgere ad Hitler precise richieste di fornitura di mezzi, carri, aerei, carburante e cannoni, con la minaccia, in caso contrario, di uscire dalle guerra. Ma Mussolini era letteralmente disorientato, terrorizzato per le possibili prese di posizione di un alleato che, infatti, lanciò tutta la sua indignazione e rabbia per la situazione che si era venuta a determinare in Sicilia.

 

     Il nazismo aveva fagocitato il fascismo in un calvario che scrisse il suo ultimo capitolo dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando, su espresso volere di un “fuhrer” divenuto assoluto padrone dei suoi destini, un Mussolini totalmente asservito, diede il via alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana (la Repubblica di Salò).

 

 

     La Repubblica di Salò rappresentò il patetico e disperato tentativo del fascismo di mantenersi in vita, di rinverdire i fasti dei tempi trionfanti, della nascita dell’impero. Ma la repubblica di Mussolini era in realtà una stato senza sovranità e totalmente sottomesso alla causa nazista.

 

     Le industrie furono espropriate dai tedeschi, e l’Italia repubblichina era praticamente priva di esercito: fu solo grazie ad una forzata chiamata alla leva delle classi più giovani, che il ministro della difesa Graziani riuscì a mettere in piedi quelle poche divisioni che non furono mai impegnate sul fronte di guerra ma utilizzate, assieme ai volontari della milizia fascista, in appoggio alle SS e alla Gestapo, nelle sanguinose azioni di rappresaglia e rastrellamento, nei confronti delle brigate partigiane; la Repubblica Sociale, in quanto stato satellite e collaborazionista del III reich, creato e plasmato da Hitler, sotto comunque il beneplacido di Mussolini, si rese dunque complice degli innumerevoli ed agghiaccianti massacri compiuti dai tedeschi nel terribile periodo di occupazione.

 

     Mussolini ne fu pienamente e consapevolmente complice, e fu in questo clima, in questa situazione di sanguinaria decadenza, che il fascismo ed il suo “duce”, al termine di una parabola discendente, si avviarono al loro tragico epilogo, il 28 aprile 1945, tre giorni dopo la liberazione, con l’esposizione del suo cadavere a piazzale Loreto. Solo 2 giorni dopo, il 30 aprile 1945, Adolf Hitler, nel bunker della cancelleria, poneva fine alla sua esistenza, suicidandosi con una capsula di cianuro.

 

     Fu questa la fine dei due dittatori, che avevano tentato di imporre il loro dominio e di conquistare il mondo in nome dell’asse Roma-Berlino con i metodi tra i più spietati che la Storia abbia conosciuto.