Lo sport può creare speranza

dove prima c'era solo

disperazione. È più potente

dei governi per abbattere

le barriere del razzismo.

Lo sport è capace

di cambiare il mondo.

 Nelson Mandela

 

 

 Non crediate a quelli che

vi dicono che il mondo si

divide tra vincenti e

perdenti, perché il mondo

si divide soprattutto tra

brave e cattive persone,

questa è la divisione

più importante.

Poi tra le cattive persone

ci sono anche dei vincenti,

purtroppo, e tra le brave

persone, purtroppo, ci

sono anche dei perdenti.

 J. Velasco  

 

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MUHAMMAD ALI

     Quello che è considerato il più grande pugile di tutti i tempi, Cassius Clay alias Muhammad Ali (nome che ha adottato dopo essersi convertito alla religione islamica), è nato nel 1942 a Louisville-Kentucky, e ha iniziato a tirare di boxe per un caso fortuito, dopo essere capitato in una palestra mentre, bambino, era alla ricerca della sua bicicletta rubata.


     Iniziato alla boxe da un poliziotto di origini irlandesi, a soli dodici anni il futuro campione del mondo cominciò a raccogliere trionfi nelle categorie dilettantistiche. Campione Olimpico
 a Roma nel 1960, si trovò però nel suo paese d'origine, gli Stati Uniti d'America, a combattere con un avversario ben più temibile di chiunque avesse potuto incontrare sul ring: la segregazione razziale. Molto sensibile al problema e trascinato dal suo spirito battagliero ed indomito, Ali prese subito a cuore le tematiche che colpivano in prima persona i fratelli neri meno fortunati di lui.


     Proprio a causa di un episodio di razzismo, il giovane pugile arriverà a gettare il proprio oro olimpico nelle acque del fiume Ohio (solo nel 1996 ad Atlanta il CIO gli riconsegnò una medaglia sostitutiva).


     Allenato da Angelo Dundee e sempre con Drew “Bundini” Brown al suo fianco, Clay arrivò al titolo mondiale dei pesi massimi a ventidue anni battendo in sette riprese Sonny Liston. Fu in quel periodo che Cassius Clay cominciò a farsi conoscere anche per le sue dichiarazioni provocatorie che ebbero l'inevitabile conseguenza di far parlare molto di lui. Cosa che forse non sarebbe comunque successa se Ali, grazie al suo enorme carisma anche mediatico, non avesse avuto una reale presa sul pubblico. In effetti il suo modo di essere era una notevole novità "spettacolare" per quei tempi, esercitando un fascino immediato sulla società americana e non solo.


     Immediatamente dopo aver conquistato la corona, annunciò di essersi convertito all'Islam e di aver assunto il nome di Muhammad Ali. Da quell'istante cominciarono anche i suoi guai che culminarono nella chiamata alle armi nel 1966. Affermando di essere un "ministro della religione islamica" si definì obiettore di coscienza, rifiutandosi di partire per il Vietnam ("Nessun Vietcong mi ha mai chiamato sporco negro", dichiarò alla stampa) e venne condannato da una giuria composta di soli bianchi a cinque anni di reclusione.

 

     Fu quello uno dei momenti più bui della sua vita. Decise di ritirarsi e venne attaccato per il suo impegno nelle lotte condotte da Martin Luther King e Malcolm X. Poté tornare a combattere nel 1971 quando fu assolto grazie a una irregolarità nelle indagini svolte su di lui.


     Persa la sfida con Frazier ai punti, riuscì a tornare campione del mondo solo nel 1974 mettendo al tappeto George Foreman a Kinshasa, in un incontro passato alla storia e ad oggi ricordato sui manuali come uno dei più grandi eventi sportivi di sempre (celebrato fedelmente dal film-documentario "When we were kings").


     Da quando però nel 1978 il giovane Larry Holmes lo sconfisse per K.O. tecnico all'11a ripresa, iniziò la parabola discendente di Ali. Disputò il suo ultimo incontro nel 1981 e da allora si è impegnato sempre più nella diffusione dell'Islam e nella ricerca della pace. Nel 1991 si è recato a Bagdad per parlare personalmente con
Saddam Hussein, allo scopo di evitare la guerra con gli Stati Uniti ormai alle porte.


     Colpito negli ultimi anni dal morbo di
Parkinson, Ali non ha però smesso di comunicare e di diffondere le proprie idee. Alle Olmpiadi di Atlanta 1996, Muhammad Alì ha sorpreso il mondo intero accendendo la fiamma che inaugurava i giochi. Il grande atleta, dotato di una forza di volontà e di un carattere d'acciaio, non si è fatto moralmente sconfiggere dalla malattia ed ha continuato a combattere le sue battaglie di pace, in difesa dei diritti civili, rimanendo un simbolo per la popolazione afro-americana e per il mondo intero.

 

     Ali è morto nella notte tra il 3 e 4 Giugno del 2016, "il più grande" se ne è andato, ma il suo esempio di Uomo coraggioso e coerente coi propri ideali rimarrà sempre con tutti noi. 

 

"QUANDO ERAVAMO RE" di Riccardo Barlaam
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